Noir di Tenuta Mazzolino, un piccolo Borgogna nell’Oltrepò Pavese

Ho partecipato ad un pranzo-degustazione organizzato Tenuta Mazzolino, azienda vitivinicola dell’Oltrepò Pavese. Durante l’evento, che si è tenuto presso il ristorante di Palazzo Velabro, nella bellissima cornice della Roma antica, ho conosciuto Francesca Seralvo, la proprietaria e l’enologo Stefano Malchiodi. Ho inoltre degustato i vini dell’Azienda abbinati ad alcune preparazioni realizzate dalla chef Penelope Musolino.

L’azienda si estende per trenta ettari, di cui venti vitati nel cuore dell’Oltrepò Pavese, ubicati sulla riva destra del Po nella zona collinare a ridosso degli Appennini. La storia di Tenuta Mazzolino inizia agli albori degli anni ’80 del secolo scorso nell’omonimo borgo antico del Comune di Corvino San Quirico. Fin dagli esordi, Enrico Braggiotti, nonno di Francesca, si avvale di illustri collaborazioni, come quelle di Luigi Veronelli e di Giacomo Bologna che lo aiutarono ad interpretare questo territorio e a puntare decisamente sulla produzione di Pinot Nero.

Francesca Seralvo entra in azienda in tempi più recenti, soltanto nel 2015, chiamata direttamente dal nonno. Lascia l’avvocatura a Milano per tornare alle origini, preferendo così il lavoro in vigna e in cantina allo studio professionale e al tribunale. Partendo dagli insegnamenti ricevuti dal nonno, fornisce presto il proprio imprinting nella gestione dell’azienda vitivinicola. Oggi Tenuta Mazzolino è a conduzione biologica certificata, con bassissime produzioni per ettaro, potatura corta, inerbimento naturale dei vigneti senza l’uso di concimi chimici, viatico per una produzione d’eccellenza.

Il territorio è composto da terre bianche calcaree, costituite prevalentemente da marne argillose e gessose risalenti al periodo Tortoniano, dove trovano il loro habitat ideale, insieme a quelli autoctoni, anche i vitigni di origine borgognona come Pinot Nero e Chardonnay. L’estrema varietà delle esposizioni e delle caratteristiche pedologiche del suolo ha suggerito la suddivisione del vigneto in 39 piccole parcelle gestite separatamente, con l’obiettivo agronomico di valorizzare le singole caratteristiche e garantirne così l’espressione più autentica nel vino che viene poi prodotto. Non si utilizzano i fertilizzanti ma si impiega il letame e l’antica tecnica del sovescio, secondo la quale si seminano tra i filari fave, piselli, erba medica, trifoglio, facelia che arricchiscono il suolo di azoto e di sostanze organiche e lo proteggono da fenomeni di erosione. Per i trattamenti si utilizzano soltanto rame e zolfo, consentiti dai protocolli dell’agricoltura biologica.

Durante il pranzo, abbiamo assaggiato alcuni dei vini prodotti in azienda: i due metodo classico, il Cruasé (Pinot Nero) e il Blanc de Blanc da uve Chardonnay, per passare poi al Blanc (ancora Chardonnay) e al Terrazze Alte, Pinot Nero in purezza che affina in acciaio. Stesso uvaggio del Noir, vino con cui abbiamo concluso il pranzo e su cui focalizziamo l’attenzione nel nostro racconto odierno.

Il Noir viene prodotto con uve Pinot Nero provenienti dalla vigna Regina, estesa per poco più di due ettari su suolo argilloso e limoso con arenaria e substrato gessoso ed esposta a nord-ovest. È una vecchia vigna di circa 30 anni (con piante che superano i 60) e la più elevata della tenuta, fino a 220 metri s.l.m. La vigna, condotta a Guyot, ha una densità d’impianto di ben 5500 ceppi per ettaro, permettendo la competizione delle piante nell’accaparramento delle sostanze nutritive, ottenendo così una naturale riduzione della produttività delle piante.

Dopo la vendemmia manuale, l’uva viene riposta in cassette e trasferita in cantina dove viene diraspata e sottoposta a fermentazione in vasche d’acciaio. La macerazione prefermentativa a freddo della durata di una settimana avviene con follature e la successiva vinificazione prosegue per 10 giorni circa. Dopo la svinatura il vino affina per 12 mesi in pièce borgognone di 228 litri e ancora per due anni in bottiglia.

Passiamo alla degustazione del Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Noir 2019.

Di colore rosso rubino profondo con bagliori granata, all’olfatto affascina per l’ampio spettro di profumi. L’attacco è fruttato, con in evidenza sentori di mirtilli e ribes, frutti di bosco rossi maturi caratteristici del vitigno; quindi, arancia sanguinella in armonia con le note di violetta e sottili sfumature speziate. Lentamente emergono note tostate di caffè e un tocco finale balsamico e di liquirizia. Al palato, la trama del vino è setosa ma fitta, con acidità e tannini nobili ben fusi e prevalenti ancora sulla parte morbida, dando al vino una connotazione verticale. Finale lungo con retrolfatto su toni ancora fruttati e balsamici. Vino che ha appena iniziato la strada che lo porterà all’armonia e che quindi andrebbe atteso per molti anni in cantina.

Bellissimo Pinot Nero d’impostazione borgognona, l’abbiamo abbinato con un piatto di tagliolini all’uovo con pomodoro arrostito e conciato romano grattugiato. Ma il vino potrebbe essere accostato con successo anche a preparazioni a base di carni importanti, selvaggina o formaggi stagionati.

pubblicato in:
Vino Rosso

Prima per me il vino era bianco o rosso, ogni tanto una via di mezzo, talvolta aveva le bollicine o era dolce. Poi ho iniziato questo viaggio nella conoscenza del vino, delle sue moltissime espressioni e tipologie, degli innumerevoli territori vocati. Ho incontrato personaggi meravigliosi, con cui è sempre possibile stupirsi, talvolta emozionarsi, degustando un calice di vino.

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